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Autonomia differenziata: il vero volto della destra

Ma non era una e indivisibile l’Italia? Non venivano “prima gli italiani”? Non era questo lo spirito che il Costituente consegnò alla nostra Repubblica scegliendo la democrazia parlamentare come regime costituzionale?

E invece no, per Giorgia&Company parole come solidarietà e uguaglianza sono orpelli che non servono più. L’unico interesse del duo Meloni-Salvini, con l’imbarazzante complicità di quel che resta di Forza Italia, è quello di dividere, privatizzare ed escludere il Paese dalla crescita con il malcelato obiettivo di accrescere solo il loro sistema di potere. Partirebbe così il progetto del “grande Nord” che poi vorrebbe trasformare il Sud in una fossa di precarietà. È iniziata la secessione.

Il vero accordo? Fare a pezzi l’Italia e realizzare la “la secessione dei ricchi”, autorizzando in maniera maliarda le regioni a chiedere potestà legislativa su materie di competenza esclusiva dello Stato.

Materie fondamentali che la Costituzione ha garantito invece per tutti i cittadini, a prescindere da dove siano nati e vivano. Parliamo di scuola, salute, lavoro, ambiente, sicurezza, energia, servizi sociali e asili nido, mobilità, che sarebbero gestite a livello regionale. Una scelta dettata al governo dalla Lega, in passato voluta anche da una parte del Pd perché fu Stefano Bonaccini a firmare nel 2017 con il Governo Gentiloni le pre-intese per chiedere l’autonomia su 18 materie. La memoria serve a non dimenticare.

L’attacco alla Repubblica

Siamo dinanzi a un attacco senza precedenti nella storia della Repubblica, che non spacca solo il Paese ma straccia la Costituzione. E tutti hanno il dovere di fermarlo. Perché l’Europa chiede un reddito minimo e il Governo Meloni dice no e così diseguaglianze ed esclusione prendono il sopravvento. Una resa dello Stato, che prima non è intervenuto in questi 22 anni seguiti alla riforma del titolo V del 2001 per garantire i LEP, i cosiddetti livelli essenziali di prestazione, mentre oggi accetterebbe le differenze rinunciando al compito più importante assegnato dalla Carta nell’articolo 3.

La priorità dunque è fermare il ddl Calderoli, il cui impatto sarebbe catastrofico su tutto il Paese. Il nostro sistema democratico ne uscirebbe distrutto, perché significherebbe stravolgere le finalità sociali che la Costituzione ha fissato mettendo al centro l’intangibilità della persona, della dignità umana, non della razza o dell’etnia, come senza pudore propugnano dai banchi del governo.

Il punto è che il regionalismo competitivo di Calderoli non solo istituzionalizza la povertà ma esautora il Parlamento dal compito fondamentale assegnatogli dalla stessa riforma del titolo V (all’articolo 117 comma 2, lettera N) e cioè stabilendo quali siano i diritti dei cittadini e i livelli essenziali di prestazione che lo Stato ha l’obbligo di garantire.

Per capirci, secondo lo Svimez – l’associazione per lo Sviluppo dell’industria nel mezzogiorno –  se volessimo eliminare il divario tra nord e sud ci vorrebbero circa 90 miliardi per garantire parità di diritti e opportunità. Ma questi soldi, lei, Giorgia Meloni, non ha nessuna intenzione di investirli.

Contro la competitività

Vero è che questo disegno di legge non produce nessuna perequazione, come stabilito dalla riforma del Titolo V, ma cavalca e promuove la competitività tra le persone: siamo passati da “prima gli italiani”, a prima i veneti, i lombardi, gli emiliano-romagnoli.

Un bel regalo alla mafia

E che dire del vantaggio che ne trarrebbero le mafie? Vogliamo ricordare in quale maniera la criminalità ha sfruttato la crescita della povertà? Basta rileggere il rapporto di Libera “La Tempesta Perfetta” per capire il ruolo che un welfare sostitutivo mafioso ha prodotto, grazie al taglio delle politiche sociali che questo governo ha determinato. Ora, con l’autonomia differenziata si vorrebbe consentire alle mafie di offrirsi come unica soluzione nelle periferie lasciate sole dalla politica e dalle istituzioni.

Ecco cosa vuole il Governo Meloni con il suo progetto eversivo che va combattuto e fermato. 

Mario Furore

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